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domenica 27 novembre 2011

Santa Croce piccola descrizione
etnoarchitettonica di quartire
La Bocciofila Tricolore, punto di ritrovo del quartiere, davati all’ingresso presenta la versione bronzea del patriota con tanto di boccia e bandiera sventolante. Lì ho ritratto chi vi ho incontarto: giovani ragazzi cinesi e anziani signori, offendo così la possibilità di poter creare il proprio  componibile e straordinario “uomo nuovo *” in Santa Croce assemblando parti differenti di questi avventori.


* “Uomo nuovo (con l’iniziale maiuscola): termine futurista, poi ripreso nella retorica fascista. Era l’ardito combattente, macista, nazionalista ed autartichico.
                        








Santa Croce casa fabbrica” perdita di un’identità, anche architettonica.
Piccola descrizione architettonica dello sviluppo del quartiere  Santa Croce: le fabbriche, le case degli operai  di inizio ‘900 con il piccolo cortile in condivisione. Le palazzine anni ’70 con i negozi al pianterreno, le villette del decennio successivo su Via Adua. Infine i palazzoni del secondo millennio globalizzato simil-pagoda-cinese, Las Vegas o Disneyland style.
Se questo quartiere, poco meno di un secolo fa, era un paese autosufficiente, dove tutto funzionava in modo autonomo, adesso qual’è il suo senso? Forse lo ha perso come tutto il resto, in questo nostro tempo? Ci sono le fabbriche dimesse, che non sanno bene cosa aspettarsi. Forse diventeranno l’ennesimo centro commerciale o appartamenti dormitorio per persone che lavoreranno altrove e si muoveranno sul treno veloce o sull’autostrada limitrofa. Qui alla ex-fabbrica Locatelli, da più di vent’anni, c’è Reggio Children, con la sperimentazione del centro internazionale Loris Malaguzzi, ma in questa città non tutti gli asili sono “il Diana”.
Allora forse, se si vuole dare una faccita , una superficie, a questo quartiere, bisogna lasciarsi incantare dal sentimento del esotico. Questo strano paese, quartiere in miniatura, è pure mondo, sembra un’arca di Noè, dove persone venute da tutto il planisfero occupano il posto degli animali. Sembra la Belville di Pennac, dove l’ultimo arrivato, forse, un senso lo riesce a fabbricare ed offrire anche a noi.
      
nella versione "Piccola Fiammiferaia"


domenica 13 novembre 2011

  E’ NATO PRIMA L'UOVO O LA GALLINA?

RAZZISMO E INTEGRAZIONE

Come nel indovinello “è nato prima l’uovo o la gallina?”, forse il razzismo è una forma di difesa dallo spavento provocato dallo sconosciuto. La difficoltà che comporta lo sforzo per la conoscenza e comprensione spesso si ferma ad un umano rifiuto. Le differenze sensibili diventano così scoglio insormontabile.
La pubblicità, i consumi di massa, il mercato globale, hanno cancellato le unicità, offrendo uniformi, modelli, misure, colori, forme, standard, rendendo così ancora più inaccessibile la volontà di conoscenza. A questo ha contribuito l’annullarsi del contatto diretto con la natura ed i suoi cicli vita-morte e stagionalità. Tutto è mediato da stereotipi nati nell’epoca fordista e dalla conseguente perdita di disposizione a ciò che non ci viene offerto come concetto preconfezionato.
Come per le galline qui ritratte,  appartenenti alla collezione etnica del pollaio di mia madre, Adele, nessuna di esse è riconducibile all’icona della razzolatrice, propria dell’immaginario collettivo tradizionale. Sono mostrate nella loro disomogeneità, delatrice della loro singolare ed irripetibile unicità. La realtà ritratta in queste fotografie ci appare così incredibilmente surreale, nonostante la loro concreta esistenza, esse sono molto vicine alla modalità della figurazione umana. Diviene così  un gioco infinito dell’esperienza indiretta della realtà, che non permette più in alcun modo l’affermazione di un vero ma solo di possibili.